Fotografia senza tempo: tra istinto ed emozione
“Le mie fotografie non nascono dal desiderio di comunicare, ma dall’istinto. Una buona fotografia è quella che riesce a riprodurre e a trasmettere le emozioni che ho provato mentre scattavo”, sono le parole del brasiliano Sebastião Salgado, uno dei più grandi fotografi viventi.
Le prendo in prestito perché esprimono una visione per niente dissimile da quella di Fabio Strinati, giovane artista marchigiano che impugna la sua macchina fotografica per immortalare le immagini senza privarle del loro movimento, desideroso di restituirgli suono, odore, battito cardiaco.
Fabio – mi racconta – non usa la macchina fotografica come un oggetto terzo ma come una prosecuzione della sua mano, del suo braccio e quindi dei suoi occhi e del suo cervello (mi viene in mente De Andrè e il suo “pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra”): spinto dall’istinto quasi primordiale di uscire di casa, di osservare con lentezza il mondo intorno a sé e di fermare il tempo. Non per puro gusto estetico, ma per creare emozione.
Che è un po’ quello che fa con la poesia, altra sua grande passione: mescolare le parole per produrre suoni e significati che toccano il cuore. Nella fotografia tutto ciò avviene esclusivamente attraverso l’uso delle luci, delle ombre e di tutta la scala dei grigi, anche perché ha scelto di usare il bianco e nero.
E anche in questo caso tornano utili le parole di Salgado: “Nelle fotografie a colori c’è già tutto, una foto in bianco e nero invece è come un’illustrazione parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C’è quindi un’interazione molto forte tra l’immagine e l’osservatore. La foto in bianco e nero può essere interiorizzata molto di più di una foto a colori”.
Mi piace pensare che gli scatti di Fabio Strinati nascano anche da questa volontà: coinvolgere l’osservatore in uno scambio alla pari. Menti semplici che osservano immagini semplici. Ma pregne di significato.
Una Roverella e due Faggi secolari, di circa 450 anni di età, siti tra Passo di Treia e la Faggeta di Canfaito, in provincia di Macerata.
Guardando le foto non c’è molto altro da aggiungere. Così mi limito a citare le parole del loro bravo autore: “Pensare che un albero abbia tutti questi anni mi porta a riflettere con intensità sul tempo che passa e sulla velocità con cui ciò accade; perché è così maestoso, imponente, con le radici saldamente aggrappate alla terra da tempo immemorabile che diventa fonte di serenità, trasmette sicurezza, conforto, sembra dire dall’alto della sua veneranda età: io ci sono ” .
Autore: Fabio Strinati.
Strumento: Canon EOS 4000 D.
Luogo: Marche.
Curiosità tecnica: un solo scatto (il primo) per ogni soggetto.
di Francesco Giamblanco
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