Genitori e figli: mentre fuori pioveva, dentro splendeva l’arcobaleno

Genitori e figli: mentre fuori pioveva, dentro splendeva l’arcobaleno

Qualche tempo fa, per lavoro, ho trascorso una domenica piovosa a Firenze, all’incontro delle famiglie “arcobaleno” della Toscana. C’erano decine di uomini, donne e soprattutto tanti piccoli bambini che giocavano, urlavano e scorrazzavano gioiosi qua e là. C’era cibo, buona musica e animazione; c’era voglia di stare insieme, svagarsi e divertirsi.

Era come una di quelle belle feste di paese, una sagra tradizionale, in cui il protagonista però non era il tartufo bianco di Alba o la cipolla rossa di Tropea. Nella grande sala della Limonaia di Villa Strozzi, quella domenica, mentre fuori era grigio e continuava incessantemente a piovere, era spuntato l’arcobaleno. Perché quella era una sagra che celebrava l’amore, quello tra due uomini o tra due donne e soprattutto, quello di quegli uomini e quelle donne per i loro figli, quei bellissimi bambini concepiti, partoriti, adottati, e soprattutto desiderati e amati.

Si erano dati appuntamento lì per confrontarsi e parlare dei loro diritti, ancora oggi negati; per mostrare ai loro figli quanti sono come loro, con due babbi o con due mamme; per dimostrargli che non sono affatto dei “diversi”, come spesso la società li apostrofa, nelle dichiarazioni di stupidi politicanti o nelle dita puntate di sciocchi benpensanti.

Già, perché il bisogno stesso di far gruppo, di darsi appuntamento, di darsi un nome che li contraddistingua (ci sono le famiglie e ci sono le “famiglie arcobaleno”), sono sintomi di una strisciante emarginazione, conseguenza naturale di una pericolosa discriminazione.

Scrive W. R. Clark che “Un diritto non è ciò che qualcuno ti concede, è ciò che nessuno può toglierti”.

Per questo credo che il riconoscimento giuridico concesso con l’approvazione delle Unioni Civili sia solo un primo insufficiente passo nel lungo percorso che porterà questa società a riconoscere gli stessi diritti a tutte le persone che si amano e scelgono di amare i loro figli, creando una famiglia, né grigia, né arcobaleno; una famiglia e basta.

E saranno necessari ancora molti incontri, raduni, cortei, pride, studi, conferenze, cause civili, disegni di legge, mille battaglie di civiltà, prima che tutto diventi un bellissimo seppur amaro ricordo; il ricordo di quelle domeniche in cui, mentre fuori pioveva, i bambini scorrazzavano per la sala, al ritmo di una musica allegra, allo sguardo attento e amorevole delle loro mamme e dei loro papà che però, per la Legge, non erano tali.

 

di Francesco Giamblanco

 

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