Tanti nemici tanto orrore: le parole della politica che riscrivono la storia

C’è stato un tempo in cui a sfoggiare in pubblico una scritta tipo AMA IL PROSSIMO TUO erano i boy-scout al Giubileo o i papa-boys alle Giornate mondiali della gioventù. Oggi invece lo fanno alcuni pochi coraggiosi “contestatori” tra le fila dei comizi di Salvini. “Coraggiosi” perché, nella migliore delle ipotesi vengono allontanati dalla Digos e derisi dal pubblico, nella peggiore vengono picchiati dai fan del capitano, che malcelatamente concede il proprio endorsement dal palco.
In sostanza, l’evangelico AMA IL PROSSIMO TUO è diventato il principio (spesso laico) di una politica che, guardando alla solidarietà e all’integrazione come bene comune, viene additata come “comunista” e “nemica della patria”, mentre i libri sacri e le coroncine del rosario (usati come amuleti magici di un’estenuante campagna elettorale) sono diventati il simbolo dell’odio che autorizza addirittura l’uso della violenza su chi tenta di diffondere il senso autentico di quelle parole.
E non sono le uniche parole ad aver perso il loro significato: “bontà” ha ceduto il passo a “buonismo”, “sovranità” a “sovranismo”, “baci” a “bacioni”, “cultura” a “professoroni”, “scienza” a “questo lo dice lei”.
Perché se da sempre la politica è fatta di parole, la cattiva politica è fatta di parole travisate, falsificate, omesse.
E non esiste esempio più lampante di un partito a cui è bastato cancellare NORD dal proprio nome per far dimenticare ai più la propria ultradecennale storia costellata di volgarità, disonestà e lotte fratricide.
Perché se è vero che la buona politica dovrebbe identificare ogni singolo problema e risolverlo (o almeno tentare di farlo), è ancor più vero che la mala politica sposta l’attenzione su un altro problema, possibilmente creandolo, o amplificandolo.
Una volta il nemico era il Meridione (“prima il nord”), ora è l’Africa (“prima gli italiani”). Sempre più a sud, fino a toccare il fondo.
E in fondo loro dei “tanti nemici” vanno fieri, gli procurano “tanto onore”. Come disse colvi che grazie all’odio si è consacrato alla storia.
Una tragica storia che oggi torna a ripetersi.
Perché osservo intorno a me un popolo che confonde la vendetta privata con la legittima difesa, che si arma anziché affidarsi alle forze dell’ordine, che invoca la pena di morte anziché pretendere una giustizia equa e puntuale. Un popolo fieramente ignorante e razzista.
Leggo sul giornale di ieri di quei tizi rasati e tatuati vestiti di nero che per strada hanno picchiato a sangue due giovani solo perché indossavano una maglietta “antifascista”. E ho paura.
Poi assisto all’inerzia dello Stato nel frenare, arginare, condannare, prendere le distanze, punire. E ho ancora più paura.
di Francesco Giamblanco ________________________________________________________________________________
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