È stato un disastro: ecco tutti gli errori di Matteo Renzi

Il risultato delle ultime elezioni ci mette di fronte a una novità assoluta: M5s e Lega hanno trionfato, superando ogni aspettativa e battendo il centrodestra del rinato e già ri-morto Silvio Berlusconi.
È la vittoria degli estremismi e dei populismi, a discapito di tutto il centrosinistra moderato (praticamente messo all’angolo) e di quel poco di sinistra che restava (ora completamente spazzata via).
Nel PD, com’era prevedibile, è scoppiata la guerra civile, ma Renzi continua imperterrito a remare solo (in balìa della tempesta), utilizzando la stessa foga e gli stessi argomenti della campagna elettorale: elenchi su elenchi delle “tante cose fatte“, spiattellate prima per convincerci, ora per farci sentire in colpa per non averlo scelto.
In sostanza, non arretra di un millimetro dalla sua vanesia convinzione di aver fatto tutto bene, accusando noi per aver commesso il grande errore di non votarlo (pur a costo di “turarci il naso” – l’ha detto lui, mica io).
Allora, al di là delle antipatie, degli errori di propaganda e della troppa sicumera che nel tempo hanno sicuramente affievolito la valanga di consensi che lo travolgeva inizialmente, vorrei provare a parlare delle scelte politiche e comunicative che ne hanno determinato il destino.
Stilerò io l’elenco delle cose fatte, ma fatte molto male: una vera e propria costellazione di errori che spiega indubbiamente la graduale sfiducia nei suoi confronti, fino all’esito disastroso di questi giorni.
1) Risultare antipatico, apparire sbruffone, dare sui nervi alla pubblica opinione. Ma questo non è proprio un errore, non gliene possiamo fare una colpa, così ci si nasce.
dunque passiamo agli errori veri e propri:
2) L’inelegante defenestrazione di Letta. “Enrico stai sereno” un corno.
3) Il patto del Nazareno, con cui ha ufficialmente ripristinato la credibilità politica dell’ormai defunto Silvio Berlusconi. E se ti presenti come rottamatore dei “vecchi”, non puoi permetterti di resuscitare i “morti”.
4) Per non parlare delle larghe intese e dei rapporti con Verdini, De Luca e Casini. Dov’è in queste scelte l’atmosfera della prima Leopolda?
5) Merita una posizione a parte la Boschi, sempre, ovunque e comunque. Il caso Etruria e i suoi punti oscuri sono da -1000 punti.
6) Il decreto “salva banche“. O, per meglio dire, “affossa risparmiatori”.
7) Per quanto riguarda le riforme “strutturali”, quella più importante per il Governo era ovviamente la riforma costituzionale, sbagliata nella sostanza e nella condotta: personalizzata fino allo svuotamento stesso del suo contenuto. Un autogol imperdonabile.
a cui sono seguite:
8) La disattesa promessa di “lasciare la politica“. Unica bandiera dell’intera campagna referendaria.
9) Mancanza di volontà, dopo la sconfitta (che era un test su tutta la politica renziana), di aprirsi alla minoranza del partito. Cosa che ha, indubbiamente, favorito la scissione.
poi ancora:
10) Il Jobs Act, con la cancellazione dell’art.18 e con l’aver trasformato il sindacato nel principale avversario. Una scelta che sta a sinistra quanto l’anticristo in paradiso.
11) La riforma della scuola (“Buona” sic!) è avvenuta secondo lo stesso approccio: anche in questo caso il “nemico” era inizialmente il sindacato, ma ben presto sono diventati gli insegnanti.
12) La riforma della giustizia che è rimasta al palo. In questo caso, la categoria presa di mira è stata quella dei magistrati attaccati sulle ferie, sulle retribuzioni e sull’età pensionabile.
infine:
13) La legge elettorale, prima l’Italicum, poi il Rosatellum. L’errore degli errori, l’autogol degli autogol: una ghigliottina progettata su misura che ha fatto perfettamente il suo dovere.
Potrei continuare ma mi fermo qui.
Come dicevo all’inizio, la situazione attuale non fa ben sperare, e di certo non sono così sadico da godere nel mettere il dito nella piaga. Ma queste sono cose che vanno dette.
Andreotti sosteneva che “Il potere logora chi non ce l’ha“, e io non ho mai capito bene cosa intendesse davvero. Poi ieri ho visto la faccia di Matteo Renzi.
Così ho compreso che il tempo degli spot è finito: è il momento, per il centrosinistra di guardarsi intorno, di contare le proprie macerie e ammettere tutti i propri errori: ogni gesto stupido, ogni eccesso di ambizione e di arroganza. E con intelligenza, pazienza e umiltà, ricostruire tutto.
di Francesco Giamblanco
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